Il lavoro a tempo parziale resta soprattutto questione delle donne, anche se si cerca di indirizzarsi verso una ripartizione più equilibrata dei ruoli familiari tra padre e madre e una migliore conciliazione tra vita privata e professionale.
Il lavoro a tempo parziale è disciplinato dal Codice delle obbligazioni.
Un contratto di lavoro a tempo parziale è un contratto con il quale il lavoratore s’impegna a lavorare regolarmente alle dipendenze del datore di lavoro per ore, mezze giornate o determinate giornate (art. 319 cpv. 2 CO). Fatto salvo l’aspetto che la durata dell’attività è ridotta, per il resto si tratta di un contratto individuale di lavoro ordinario. Infatti, le regole legali previste per il lavoro a tempo pieno (100%), vigono anche per il lavoro a tempo parziale.
In caso di impedimento al lavoro, il salario dovuto, ovviamente, è calcolato sul tempo
parziale e la durata dell’obbligo di pagamento è la medesima di quella prevista per il tempo pieno. La tutela contro il licenziamento vale evidentemente anche in caso di lavoro a tempo parziale.
Ore supplementari
Le lavoratrici a tempo parziale sono soggette all’obbligo di fare ore supplementari in misura limitata. Infatti, l’art. 321c CO prevede che la lavoratrice è tenuta al lavoro supplementare nella misura in cui le sia possibile o le regole della buona fede consentano di richiederglielo. Ci si aspetta una certa organizzazione della vita privata, in particolare, per la custodia e il soddisfacimento dei bisogni dei figli minori, in modo tale da permettere di aumentare momentaneamente l’orario di lavoro. Idealmente, la sua disponibilità dovrebbe essere concordata individualmente.
Il principio della compensazione delle ore supplementari opera allo stesso modo che per il tempo pieno. Ma attenzione, il contratto (che deve prevederlo per iscritto) può stabilire che debbano essere considerate come ore supplementari solo quelle che superano la durata del lavoro ordinario, ossia l’equivalente del tempo pieno.
Esempio : una commessa impiegata al 50% deve fare ore supplementari. Ora, il
contratto prevede che si considerano tali solo quelle che superano le 45 ore
settimanali. La commessa allora si vedrà pagate le sue ore «supplementari» fino a 45
ore come lavoro ordinario, ossia senza la maggiorazione del 25%, né compensazione
in tempo libero.
Vacanze
La lavoratrice a tempo parziale ha diritto alle ferie al pari di quelle a tempo pieno. Il tempo libero e il salario corrispondenti devono essere concessi.
Eccezionalmente, quando il tempo parziale varia fortemente o si tratta di una percentuale molto bassa, le vacanze possono essere accordate sotto forma di indennità. La lavoratrice a tempo parziale tuttavia ha la facoltà di chiedere di beneficiare delle ferie in forma di tempo libero, ma senza essere remunerata, quando abbia già percepito l’indennità di ferie. L’indennità di ferie deve essere tenuta distinta dal salario. In particolare, non può essere inclusa senza specificazione nel salario orario (decisione del TF in la Semaine Judiciaire 1993 p. 355) e deve essere menzionata separatamente su ogni conteggio di salario (DTF 116 II 515, JT 1991 I 313). In mancanza di specificazione, la lavoratrice potrebbe reclamare (nuovamente) il pagamento (dell’indennità) di ferie.
L’indennità di ferie è la seguente:
- 4 settimane di ferie: 8,33%
- 5 settimane di ferie: 10,63%
- 6 settimane: 13,04%
Giorni festivi
Le lavoratrici remunerate per mese ricevono il salario anche per i giorni festivi; quelle retribuite a ore invece, sono remunerate per i giorni festivi solo se previsto espressamente dal contratto individuale o dal CCL. Solo il 1° agosto (unico giorno festivo ufficiale federale; gli altri giorni festivi dipendono dai cantoni) attribuisce al lavoratore retribuito su base oraria il diritto al pagamento del salario (TF 4A_56/2010).
Madri che continuano il lavoro e madri che non continuano
Talvolta, le regolamentazioni (convenzioni collettive, contratti individuali di lavoro)
distinguono tra le madri che intendono riprendere il lavoro da quelle che invece non
intendono più lavorare (dopo il parto). Per ciò che concerne il diritto alle indennità
dell’assicurazione di maternità, il fatto che la madre continui a lavorare o meno – dopo il parto – è irrilevante.
Quelle che prevedono di cessare o ridurre la loro attività si vedono decurtare la durata del pagamento del salario o una riduzione delle indennità giornaliere dell’impresa. Va da sé che il diritto alle indennità legali dell’assicurazione di maternità restano salvaguardate.
Per molteplici ragioni, questo modo di procedere costituisce indubbiamente una
discriminazione rispetto alle persone che riducono o cessano l’attività lucrativa alla nascita del figlio (v. In attesa del Bebè – licenziamento, uscita dal lavoro – distinzione tra le madri che tornano al lavoro da quelle che non tornano)
Richiesta del tempo parziale dopo il congedo di maternità
In una sentenza del 9 settembre 2011 (CC.2008.81), la Corte civile ginevrina ha riconosciuto che il licenziamento intervenuto dopo che la giovane madre aveva tentato di negoziare una riduzione dell’orario di lavoro – senza ottenerla – di ritorno dal congedo di maternità, era da ritenersi abusivo ai sensi dell’art. 336 cpv. 1 lett. b CO.
E’ stato riconosciuto infatti che con la richiesta di modifica del contratto di lavoro – nella fattispecie, una riduzione del grado occupazionale – la lavoratrice non faceva altro che esercitare il proprio diritto costituzionale alla libertà economica (art. 27 Cost.)
Infatti, la lavoratrice avrebbe dovuto poter disporre liberamente, senza doversi vedere
notificare un licenziamento riconducibile esclusivamente alla sua nuova situazione familiare, avendo stabilito per il resto che la sua prestazione era del tutto soddisfacente.
Ulteriori informazioni
Per ulteriori informazioni (in francese e tedesco) sul lavoro a tempo parziale, si rinvia alla brochure Clever no 2 sul lavoro a tempo parziale, edito dall’Istituto della formazione ARC (www.formation-arc.ch).
Ottenibile presso Travail.Suisse, al seguente indirizzo:
Travail.Suisse
Istutito di formazione ARC
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